Notizie Radicali
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  giovedì 31 marzo 2005
 Direttore: Gualtiero Vecellio
Il nodo genetico

di Luigi Castaldi

L’intervento più esplicito e articolato col quale la Chiesa si è finora espressa sulla fecondazione assistita è il lungo articolo (circa 18.000 battute) di monsignor Elio Sgreccia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, sul Corriere della Sera dell’8 febbraio 2005 (La Chiesa e la fecondazione artificiale). Una seppur sommaria analisi del testo mostra evidenti analogie con la dichiarazione della Congregazione per la Dottrina della Fede, prefetto cardinal Ratzinger, del 22 febbraio 1987 (Il rispetto della vita umana nascente e la dignità della procreazione), che per affermare la presenza di persona già nello zigote usa i medesimi argomenti di un’altra dichiarazione della medesima Congregazione, stavolta prefetto cardinal Seper, del 18 novembre 1974 (Dichiarazione sull’aborto procurato). Come trent’anni dopo farà monsignor Sgreccia, qui si afferma che il rispetto alla vita umana si impone fin […] dal momento in cui l'ovulo è fecondato”, ma in una nota, che nel testo reca il numero 19, si ammette che “questa dichiarazione lascia espressamente da parte la questione circa il momento della infusione dell'anima spirituale. Non c'è su tale punto tradizione unanime e gli autori sono ancora divisi. Per alcuni, essa ha inizio fin dal primo istante; per altri, essa non può precedere almeno l'annidamento. Non spetta alla scienza di prendere posizione, perché l'esistenza di un'anima immortale non appartiene al suo campo. E' una discussione filosofica, da cui la nostra affermazione morale rimane indipendente per due ragioni 1) pur supponendo una animazione tardiva, esiste già una vita umana, che prepara e richiede quest'anima nella quale si completa la natura ricevuta dai genitori; 2) d'altronde, basta che questa presenza dell'anima sia probabile (e non si proverà mai il contrario) perché toglierle la vita significhi accettare il rischio di uccidere un uomo, non soltanto in attesa, ma già provvisto della sua anima”. A quella che nel testo viene definita “evidenza di sempre (perfettamente in­dipendente dai dibattiti circa il momento del­l'animazione)” si portano in appoggio ”le preziose conferme” della “scienza genetica moderna”: “Essa ha mostrato come dal primo istante si trova fissato il programma di ciò che sarà questo vivente: un uomo, quest'uomo individuo con le sue note caratteristiche già ben determinate”. Da questo punto in poi, fino alle recenti argomentazioni di monsignor Sgreccia, alla questione dell’animazione (sulla quale si conviene che “non c’è […] tradizione unanime”) si sostituisce quella della individualità genomica: c’è persona, non dal momento in cui l’anima scende a informare la materia vivente umana, ma dal momento nel quale si forma un Dna unico e irripetibile, piuttosto meccanicisticamente e materialisticamente coincidente con l’individuo umano, a partire dal patrimonio portato da ovocellula materna e spermatozoo paterno. Anzi, addirittura prima della fusione dei pronuclei, “ma fin dalla penetrazione dello spermatozoo nell’ovulo”, perché già qui ”i due pronuclei si dispongono in una relazione reciproca che ha un suo significato di novità per il «nuovo » essere umano”. E si rimane in dubbio che questa “relazione reciproca che ha un significato di novità per il «nuovo » essere umano” non possa essere presente già prima della penetrazione dello spermatozoo nell’ovulo, perché senza alcun dubbio i due gameti a questi sono destinati, se il processo deve prendere senso da una considerazione retrospettiva, che è la ratio qui invocata. Questo argomento del tutto indipendente dall’animazione, che appare per la prima volta nella Dichiarazione sull’aborto procurato della Congregazione per la Dottrina della Fede del 1974, è assente anche nel documento che più da vicino la ispira: l’enciclica Humanae Vitae di Paolo VI del 25 luglio 1968. C’è una ragione, forse: nel 1968 ancora non si parla della fecondazione assistita (se ne comincerà a parlare proprio intorno al 1974 e la prima inseminazione in vitro sarà nel 1977) e la Chiesa non ha bisogno ancora di abbandonare la soglia (mai unanimemente stabilita) dell’animazione. Nella Humanae Vitae non v’è traccia d’una equipollenza tra persona e patrimonio genetico e l’unico elemento che resta intatto fino alle considerazioni di monsignor Sgreccia del 2005 è la “connessione inscindibile, che Dio ha voluto e che l’uomo non può rompere di sua iniziativa, tra i due significati dell’atto coniugale: il significato unitivo e il significato procreativo”, qui però riaffermato solo per negare la legittimità morale delle tecniche contraccettive, che nel 1968 è il problema che maggiormente preme. Questo snodo argomentativo del 1974 segna un’interessante novità in tutti i documenti ufficiali della Chiesa: il termine “anima” comincia a diventare assai raro e la Dottrina comincia a usare un termine che segnerà, in modo peraltro assai distintivo, tutto il quarto di secolo del pontificato di Giovanni Paolo II: “persona”. Non si tratta della osoba di Osoba i czin (Persona e atto, 1969) dell’allora professore di Etica presso l’Università di Lublino, che non ha ancora il dato fenomenologico di “individualità genetica unica e irripetibile”, ma già reca con sé, filosoficamente se non teologicamente, la cifra psico-antropologica che è distintiva di tutto il portato culturale wojtyliano. Con la scoperta di un’altra insidia portata dalla fecondazione assistita, dopo la pillola, alla ”connessione inscindibile tra […] il significato unitivo e il significato procreativo”, il Magistero è pronto a sferrare un attacco a tutto campo: contraccezione, aborto e tecniche riproduttive assistite sono un unico campo di battaglia sul quale giocare per intera la posta contro il nemico di sempre: il secolarismo. Per come su questa inscindibilità la Chiesa ha posto il noli tangere, per come su questa posta pare voler scommettere tutto, per come (con le parole del cardinal Ruini) ha scelto proprio l’Italia per questa scommessa, “in quanto in Italia ci troviamo in una situazione privilegiata”, sapremo dal prossimo referendum se la ripresa dalle sue terribili secche degli anni Sessanta e Settanta è destinata al trionfo o era il suo ultimo colpo di coda.